domenica 12 novembre 2006

Cosa danno sul tostapane?

La fruizione del prodotto artistico che chiamiamo “cinema” si sta spostando inesorabilmente fuori dal luogo fisico che identifichiamo come tale. L’aspetto rilevante non riguarda tanto la mutazione del mezzo di riferimento, visto che i film si vedono in TV dagli anni Cinquanta.

Se c’è qualcuno che è così masochista da guardarsi un lungometraggio sul telefonino o sul tostapane, insomma, sono fatti suoi. La vera rivoluzione è un’altra, e concerne la democratizzazione di un mezzo che finora è stato per forza di cose elitario.

Basti pensare a fenomeni come Youtube e Google Video, che potenzialmente consentono a chiunque di rendere disponibili al pubblico globale i propri film, con la stessa dignità e rilevanza di qualsiasi altro tipo di contenuto. Per ora, in realtà, più che altro si gozzoviglia. Inserendo la parola chiave “Forlì” (la città in cui vivo) in tali siti, ad esempio, ho potuto ammirare diversi episodi di goliardia psicotica, variopinta propaganda, un razzo alimentato a caramelle e le istruzioni di un paio di concittadini per creare una sorta di bombetta molotov all’acido, con tanto di disclaimer “don’t try this at home”.

Un livello così basso mi tranquillizza. La diffusione ad ampio raggio di una tecnologia, infatti, di solito genera l’aumento spropositato dei produttori di contenuti “artistici” a scapito del numero dei potenziali destinatari. Conoscete qualcuno che potendo vantare un pollice opponibile non abbia ancora partorito un romanzo, un atto teatrale, un musical, una canzone, un quadro, una scultura? Vi prego di presentarmi questo genio raro. Tutti artisti, niente arte. Tutti registi, niente cinema.

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barcamp Romagna