domenica 28 gennaio 2007

The Prestige

Ossessione e illusione

Ossessione e illusione: i due temi cardine di Christopher Nolan (Memento, Batman begins) rivivono anche in “The Prestige”, thriller ambientato fra i teatri e le malìe della Londra vittoriana. Protagonisti due prestigiatori rivali, Borden e Angier (Hugh Jackman e Christian Bale), uniti dall'ossessione per la propria arte e da un evento luttuoso: la moglie del primo morì durante l'esecuzione di un trucco a causa della colpevole temerarietà del secondo. Decisi a rubarsi segreti e fama i due scatenano una guerra privata per sottrarsi la tecnica del “trasporto umano”, ovvero il passaggio istantaneo da una parte all'altra della scena. Servirà un sosia o una vera magia?

Il film è divertente e vale la visione. La narrazione a piani temporali alternati, i colpi di scena a ripetizione, le atmosfere opportunamente dark e il cast di alto livello (Robert Caine, Scarlett Johansonn e David Bowie sono comprimari di lusso) tengono alta l'attenzione del pubblico fino al “prestigio” del titolo, lo svelamento del trucco. Ma qui, senza bisogno di palesarlo, il meccanismo della sceneggiatura si rompe, e irrompe solenne il nonsense. L'illusione, come può spiegare ogni buon prestigiatore, non c'entra nulla con la magia. Figurarsi con la fantascienza.

domenica 7 gennaio 2007

Giù per il tubo (Flushed Away)


Forma e sostanza

Il mondo dell'animazione è ormai diviso in due. Da un lato c'è chi rimpiange i bei vecchi tempi in due dimensioni, patrimonio di Dumbo, Biancaneve, ma anche di classici moderni come il Re Leone, espressione, si dice, di artigianalità e sentimenti più “umani” Dall'altro ci sono circa sei miliardi di abitanti del pianeta ormai assuefatti alle meraviglie digitali di Shrek e affini. A mettere tutti d'accordo, finora, c'era solo lo studio inglese Aardman, divenuto famoso per la serie di Wallace e Gromitt e per molti altri piccoli miracoli di plastilina interamente realizzati a mano, fotogramma per fotogramma.

Ora anche Aardman ha ceduto alle lusinghe dei pixel e da un lato ciò rappresenta una delusione, dall'altro una sorpresa. “Giù per il tubo”, infatti, è l'opera meno visiva di Nick Park e soci. I computer di Dreamworks, per quanto onnipotenti, non consentono ancora lo stesso impatto del passo uno, tecnica che ha l'età di Méliès e che ha consentito alla “Maledizione del coniglio mannaro” di vincere un Oscar. Allo stesso tempo “Giù per il tubo” è un film molto, molto divertente, ricco dello stesso humour surreale e tipicamente british che abbonda nei precedenti lavori della casa.

Conclusione? La forma non è sostanza: apprenderla significa seguire la via per un significato. Aardman, come un vecchio maestro di arti marziali, può permettersi di trascenderla. Sono in pochi.

barcamp Romagna