Le conseguenze dell'amore
Di solito il giudizio va al termine, ma in questo caso farò un’eccezione. «Le conseguenze dell’amore» (trionfatore agli ultimi David di Donatello) è un film strepitoso, da vedere assolutamente. Uno di quei rari lavori in cui la qualità della scrittura, l’abilità degli interpreti e la visione registica sublimano fuori dalle convenzioni, in una compiutezza che va oltre gli schemi della narrazione, specie quella televisiva.
La trama? In realtà per una pellicola come questa non ha importanza, e non farò l’errore di svelarvela: contano gli spazi, i silenzi, il non detto.
C’è uno spunto iniziale, certo: un uomo che da otto anni vive solo in un albergo in Svizzera, senza allontanarsi mai. È un esiliato? Un pazzo? Qual è il segreto inconfessabile di Titta Di Girolamo? Ogni uomo ne ha uno, o più di uno, e i suoi li vediamo rotolare fuori dalle carte da parati e geografiche, come aghi che pungono senza più ferire. Su questa intuizione noir il regista Paolo Sorrentino innesta tessuti pulsanti di thriller, azione e commedia, con uno stile molto originale, meno efferato dei modelli americani e allo stesso tempo meno consolatorio. Il controllo maniacale della fotografia, della colonna sonora e delle ambientazioni contribuiscono a trasmettere l'effetto di straniamento generale, sempre tenendo conto che anche i più arditi movimenti di macchina scompaiono di fronte all'intensità plumbea di Toni Servillo, semplicemente gigantesco.
Le “conseguenze dell’amore” del titolo sono quelle scatenate dal contatto impalpabile con una giovane donna (Olivia Magnani, nipote di Nannarella), forse il momento meno riuscito della storia, il più difficile da spiegare razionalmente. Ma quando i segreti si svelano e i giudizi morali s'invertono non importa più: restano la dissoluzione, il riscatto e un film di gran classe.
1 commento:
A me non è sembrato granchè questo film... mi è sembrato un po' sforzato, sopratutto nelle interpretazioni...
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