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domenica 18 febbraio 2007

La cena per farli conoscere


Un compromesso a volte serve

Essere un "professionista" significa una cosa molto semplice: vivere del lavoro che si svolge. Il dilettante, dal canto suo, lo fa per divertirsi. Niente di male, ma è una cosa un po' diversa. Poi ci sono quelli che si atteggiano: lavorano senza compenso, ma non si divertono (ognuno ha le sue perversioni). Criticano i professionisti, perché vorrebbero disperatamente fare parte della categoria, e l'accusa preferita, di solito, è quella di scendere a compromessi.

Mi venivano in mente queste considerazioni guardando l'ultimo film di Pupi Avati, "La cena per farli conoscere", dove il protagonista Sandro Lanza (Diego Abatantuono) accetta persino di partecipare a un reality show intitolato "Fogne" pur di continuare a lavorare. Lanza non è un santo: mezzo puttaniere, vanesio, totalmente ingestibile, tanto che le tre figlie (Vanessa Incontrada, Ines Sastre e Violante Placido) decidono di organizzargli un incontro al buio per "sistemarlo" dopo un tentativo di suicidio.

Nonostante le buone premesse "La cena per farli conoscere" non è una delle migliori opere di Avati, che pure rimane un gran professionista. Troppo spesso il regista si rifugia nella voce fuori campo per cercare di dare unità alla vicenda, un po' sconclusionata, e troppo spesso gli attori (a parte Abatantuono) faticano a seguire la presunta intensità dei personaggi. Il problema principale è che gli stessi toni di tutta la filmografia del cineasta emiliano si innestano in una vicenda che avrebbe avuto forse bisogno di una chiave diversa. Un compromesso in più che avrebbe reso migliore la pellicola. ( cinemilio.blogspot.com)

barcamp Romagna