Il Diavolo veste Prada
The city, senza il Sex
Andy Sachs è la tipica ragazza della provincia americana: carina, intelligente, caparbia, e non sa assolutamente nulla di moda. Giunta a New York per inseguire il suo sogno di diventare giornalista finisce a fare l’assistente della potente e insopportabile direttrice di Runway, la bibbia del fashion system. Perderà la sua innocenza?
Se voleva essere un film sul mondo che gira attorno agli stilisti “Il Diavolo veste Prada” trascura tre elementi fondamentali: il sesso, la droga e i disturbi alimentari, che evidentemente al giorno d’oggi sono più “cool” del rock and roll. Se voleva essere un film su quanto può essere infame un capoufficio, invece, qualsiasi impiegato di banca può raccontare esperienze assai più allucinanti.
Togliete anche la meravigliosa voce originale di Meryl Streep, che nella versione originale è liquida come la panna acida, e vi rimarrà una commedia leggera, innocua e un po’ moralista, su quanto sia importante essere se stessi in ogni situazione.
Non ho letto il libro di Lauren Weisberger da cui è tratta la pellicola, per cui non posso fare confronti. Sicuramente posso consigliare il film alle irriducibili di Sex and the City, in cui ha lungamente lavorato il regista, David Frankel.
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