tag:blogger.com,1999:blog-41745739185848478272024-03-21T16:07:02.834+01:00Cinemilio - Quando Emilio Gelosi scriveva di cinemaIl cinema, in quanto arte, è una chiave per leggere la vita.
Per cui parlare di cinema significa parlare di tutto. Di cinemilio, appunto, le recensioni di Emilio Gelosi sulle pagine di settimanali e quotidiani.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.comBlogger31125tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-54442658438100606512008-01-28T00:45:00.000+01:002008-01-28T00:46:02.677+01:00TraslochiMi sono <a href="http://www.gelosi.it">trasferito</a>emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-61714676391072581002007-03-25T12:39:00.000+01:002007-03-25T12:43:39.347+01:00300<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXmdAVh-8kUBd-rcUHbfOJhK499gNmnEIloXiJFMXJhMrTBd7F1TtgQgiMWt90wo0wCwu6g0ioVobRDbYs2axixBniTrPQMve2bcdoW-eLLhDERtS3cd4oSyh8NrV3KG4iXZ8jejSnwoex/s1600-h/images-1.jpg"><img style="float:right; margin:0 0 10px 10px;cursor:pointer; cursor:hand;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXmdAVh-8kUBd-rcUHbfOJhK499gNmnEIloXiJFMXJhMrTBd7F1TtgQgiMWt90wo0wCwu6g0ioVobRDbYs2axixBniTrPQMve2bcdoW-eLLhDERtS3cd4oSyh8NrV3KG4iXZ8jejSnwoex/s200/images-1.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5045826319122070978" /></a><br />Pretendere di fare riscrivere a Frank Miller la storia delle Termopili è come affidare a Robocop il ministero degli Interni. <br /><br />L'autore di fumetti americano – assurto alle cronache cinematografiche per il discutibile Sin City – conosce tutti i mezzi e mezzucci per tenere avvinto il lettore alla pagina disegnata. Le sue storie, dalla riscrittura di Devil in poi, sono sempre popolate di supereroi tormentati, nemici tanto potenti quanto abietti, tonnellate di violenza, teste rotolanti e valanghe di sangue e sesso, possibilmente perverso. Pura exploitation, dunque, destinata a solleticare gli istinti più bassi, ed è ridicolo affermare altrimenti, anche se per molti appassionati di strisce Miller ha la valenza di un semidio. <br /><br />Tutti gli elementi dello stile dell'autore di "Batman: anno uno" li ritroviamo in "300", peplumaccio firmato da Zack Snyder con abbondante uso di computer grafica ed effetti speciali. Il film – campione di incassi in America - ha suscitato alte polemiche per i suoi presunti collegamenti con la situazione internazionale. <br /><br />In realtà leggere in questa graphic novel, scritta nel 1995, una metafora dello scontro tra Usa e Iran è un'operazione capziosa e un po' irritante. Come pretendere che stare seduti due ore di fronte a degli omaccioni depilati in mutande sia il massimo della virilità.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-69303848284290995062007-02-26T00:20:00.000+01:002007-02-26T00:38:31.264+01:00Borat<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.mymovies.it/filmclub/2006/09/150/imm.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 200px;" src="http://www.mymovies.it/filmclub/2006/09/150/imm.jpg" alt="" border="0" /></a><span style="font-weight: bold; font-style: italic;font-size:130%;" >Cosa sai tu del Kazakhstan?<br /><br /></span>La comicità demenziale, quando è ben fatta, ha una caratteristica: apre squarci nella realtà, rovescia le prospettive, sospende il giudizio della mente come nemmeno un Gourdjeff avrebbe saputo fare. Chi non ricorda la scena della hostess con la chitarra nell'Aereo più pazzo del mondo? Vale venti sermoni di Osho, almeno.<br /><br />D'altro canto, in un genere di pura exploitation, è facile cadere nella volgarità fine a se stessa, e non è che per forza si debba dare nobiltà teorica a ciò che nasce esclusivamente per fare soldi.<br /><br />Ora, da che parte sta "Borat"? Questo finto documentario a basso budget (sottotitolo: Studio culturale dell'America a beneficio della Gloriosa Nazione del Kazakhstan, ma la traduzione non rende fede allo sgrammaticato originale) è prima di tutto un film disgustoso, in grado di mettere in imbarazzo chiunque. Non c'è tema, situazione o parola oscena che Sacha Baron Cohen, il comico inglese che dà vita al personaggio, risparmi al pubblico nella lunga sequela di candid camera che costella il suo viaggio negli Stati Uniti.<br /><br />Borat è razzista, antisemita (ma Baron Cohen è ebreo), sessista, tragicamente sboccato, e trae il peggio da ogni persona che intervista nel tentativo di mandare in corto circuito i meccanismi del "politically correct". Detto questo, ci sono due modi per vedere il film. Il primo è lasciarsi trascinare nel meccanismo coprolalico, spegnendo il cervello e abbandonandosi ai lazzi. Il secondo è di provare a lasciare perdere l'offensiva volgarità, con la consapevolezza che in realtà è Borat, dall'altra parte dello schermo, a ridere di noi. In fin dei conti, cosa sappiamo noi, del Kazakhstan?emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-64622577252321126832007-02-18T21:41:00.000+01:002007-02-18T21:45:39.328+01:00La cena per farli conoscere<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhoe9fvADpTp-Kt5jFGQD38VK0Xg2fCNda3TzvOjM40RAJ5Fsa-xjDcqdONXAVTKIP-xXrIlebMoX61jDVuM0kqnbUyg20E9c8tWqgwqyvjr2tkMShacrzHChEYSTd61Nw9uplHa838ohM/s1600-h/lacenaperfarliconoscere.jpg"><img style="float:right; margin:0 0 10px 10px;cursor:pointer; cursor:hand;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhoe9fvADpTp-Kt5jFGQD38VK0Xg2fCNda3TzvOjM40RAJ5Fsa-xjDcqdONXAVTKIP-xXrIlebMoX61jDVuM0kqnbUyg20E9c8tWqgwqyvjr2tkMShacrzHChEYSTd61Nw9uplHa838ohM/s200/lacenaperfarliconoscere.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5032977918377345026" /></a><br /><span style="font-weight:bold;">Un compromesso a volte serve</span><br /><br />Essere un "professionista" significa una cosa molto semplice: vivere del lavoro che si svolge. Il dilettante, dal canto suo, lo fa per divertirsi. Niente di male, ma è una cosa un po' diversa. Poi ci sono quelli che si atteggiano: lavorano senza compenso, ma non si divertono (ognuno ha le sue perversioni). Criticano i professionisti, perché vorrebbero disperatamente fare parte della categoria, e l'accusa preferita, di solito, è quella di scendere a compromessi. <br /><br />Mi venivano in mente queste considerazioni guardando l'ultimo film di Pupi Avati, "La cena per farli conoscere", dove il protagonista Sandro Lanza (Diego Abatantuono) accetta persino di partecipare a un reality show intitolato "Fogne" pur di continuare a lavorare. Lanza non è un santo: mezzo puttaniere, vanesio, totalmente ingestibile, tanto che le tre figlie (Vanessa Incontrada, Ines Sastre e Violante Placido) decidono di organizzargli un incontro al buio per "sistemarlo" dopo un tentativo di suicidio. <br /><br />Nonostante le buone premesse "La cena per farli conoscere" non è una delle migliori opere di Avati, che pure rimane un gran professionista. Troppo spesso il regista si rifugia nella voce fuori campo per cercare di dare unità alla vicenda, un po' sconclusionata, e troppo spesso gli attori (a parte Abatantuono) faticano a seguire la presunta intensità dei personaggi. Il problema principale è che gli stessi toni di tutta la filmografia del cineasta emiliano si innestano in una vicenda che avrebbe avuto forse bisogno di una chiave diversa. Un compromesso in più che avrebbe reso migliore la pellicola. ( cinemilio.blogspot.com)emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-61091038588301139642007-02-13T00:32:00.000+01:002007-02-26T00:40:58.886+01:00Le luci della sera<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.bimfilm.com/lelucidellasera/images/luci_01big.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 200px;" src="http://www.bimfilm.com/lelucidellasera/images/luci_01big.jpg" alt="" border="0" /></a><span style="font-size:130%;"><span style="font-style: italic;">Triste, splendia Finlandia</span><br /><br /></span>Recitazione antinaturalistica, paesaggi urbani alieni, gli scantinati di una Helsinki fredda, dura e incomprensibiile come l'atrio di una banca: l'estetica dei film di Aki Kaurismaki è tanto riconoscibile quanto la sua poetica, tutta rivolta a indagare l'animo di chi vive al margine. A volte alle umiliazioni segue il riscatto, come in "L'uomo senza passato".<br /><br />Altre volte no, ed è questo il caso di "Le luci della sera", un film spietatamente pessimista, quasi manicheo nella rappresentazione dei rapporti di forza tra le persone e le classi sociali. Koistinen, il protagonista, lavora come guardia giurata in un centro commerciale. E' solo, e forse non ha mai avuto una donna. Un giorno viene avvicinato da una ragazza bionda, che gli fa credere di essere interessata a lui. In realtà è una scusa per sottrargli i codici dell'allarme e compiere un furto di cui lo stesso Koistinen verrà accusato.<br /><br />Ultima parte di un'ideale trilogia dedicata ai perdenti, "Le luci della sera" non è un film facile, né consolatorio. Potrebbe essere un film muto, e infatti si ispira apertamente a Chaplin nella ricerca delle inquadrature, nella regia degli attori e, come è stato fatto notare, nella capacità di concludere con un happy ending triste. Da vedere, sapendo che vi lascerà il magone.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-67956927555279750172007-02-03T23:47:00.000+01:002007-02-14T10:07:55.607+01:00La ricerca della felicità<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlufEO08OXxbkPhrWjMNG8ZvCF85pUte9EjWCQK0V5N_XK0J-wvWg6BESylADjCysOG3ezPgO-eQIvGDvdzGb16ygoE1rlyhOmIh6NPruEg7jPPM9Hs_RFd2pLyqQQJAvkmCyYRA_jFw-z/s1600-h/laricercadellafelicita.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlufEO08OXxbkPhrWjMNG8ZvCF85pUte9EjWCQK0V5N_XK0J-wvWg6BESylADjCysOG3ezPgO-eQIvGDvdzGb16ygoE1rlyhOmIh6NPruEg7jPPM9Hs_RFd2pLyqQQJAvkmCyYRA_jFw-z/s200/laricercadellafelicita.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5028153882263308210" border="0" /></a><span style="font-style: italic;"><span style="font-weight: bold;">L'incubo americano</span></span><br /><p style="margin-bottom: 0cm;">Io lo odio Gabriele Muccino. Non solo fa il mestiere che chiunque si occupi di cinema vorrebbe fare. Non solo ha firmato alcuni dei film di maggiore successo degli ultimi anni in Italia. Non solo ha lanciato come attore un parente a cui mancano sette consonanti e due vocali, l'antitesi stessa della dizione. Non solo. No, adesso se ne vola a Hollywood, fa un film con una star come Will Smith e vende una marea di biglietti, al di qua e al di là dell'oceano. “La ricerca della felicità” è il tipico film che un critico non può fare a meno di odiare. E' cinico, manipolatorio, asfittico nella sua riproposizione di tematiche viste e riviste. I sogni degli sfigatissimi eroi di Muccino sembrano usciti da un corso di autostima per corrispondenza. Il padre prima dice al figlio “Se hai un sogno, tu lo devi proteggere. Se vuoi qualcosa, vai e inseguila”, poi finisce in galera perché non ha pagato una multa e il fisco gli rasa a zero il conto corrente. La felicità coincide con una giacca, una cravatta e un lavoro da squalo in un acquario di squali. Un incubo, più che un sogno americano. Però Muccino tecnicamente è un genio, è veramente bravissimo. Riesce a tenere alta la tensione con una storia triste triste di terza mano, la solita sceneggiatura di riscatto del perdente. E poi quanti italiani sono riusciti a girare un film in America dopo Sergio Leone, con una star come Will Smith? Io lo odio Gabriele Muccino. </p>emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-7161278529320003042007-01-28T10:45:00.000+01:002007-02-05T21:41:44.877+01:00The Prestige<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://images.rottentomatoes.com/images/movie/coverv/88/897388.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 135px; height: 194px;" src="http://images.rottentomatoes.com/images/movie/coverv/88/897388.jpg" alt="" border="0" /></a><span style="font-weight: bold; font-style: italic;font-size:130%;" >Ossessione e illusione</span><br /><p style="margin-bottom: 0cm;">Ossessione e illusione: i due temi cardine di Christopher Nolan (<span style="font-style: italic;">Memento, Batman begins</span>) rivivono anche in “The Prestige”, thriller ambientato fra i teatri e le malìe della Londra vittoriana. Protagonisti due prestigiatori rivali, Borden e Angier (Hugh Jackman e Christian Bale), uniti dall'ossessione per la propria arte e da un evento luttuoso: la moglie del primo morì durante l'esecuzione di un trucco a causa della colpevole temerarietà del secondo. Decisi a rubarsi segreti e fama i due scatenano una guerra privata per sottrarsi la tecnica del “trasporto umano”, ovvero il passaggio istantaneo da una parte all'altra della scena. Servirà un sosia o una vera magia? </p> <p style="margin-bottom: 0cm;">Il film è divertente e vale la visione. La narrazione a piani temporali alternati, i colpi di scena a ripetizione, le atmosfere opportunamente dark e il cast di alto livello (Robert Caine, Scarlett Johansonn e David Bowie sono comprimari di lusso) tengono alta l'attenzione del pubblico fino al “prestigio” del titolo, lo svelamento del trucco. Ma qui, senza bisogno di palesarlo, il meccanismo della sceneggiatura si rompe, e irrompe solenne il nonsense. L'illusione, come può spiegare ogni buon prestigiatore, non c'entra nulla con la magia. Figurarsi con la fantascienza.<br /></p>emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-66742675063103011222007-01-07T22:31:00.000+01:002007-01-07T22:42:33.529+01:00Giù per il tubo (Flushed Away)<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.castlerock.it/dbimg/medium/gallery26784.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 105px; height: 156px;" src="http://www.castlerock.it/dbimg/medium/gallery26784.jpg" alt="" border="0" /></a><br /><span style="font-weight: bold;font-size:130%;" >Forma e sostanza</span><br /><br />Il mondo dell'animazione è ormai diviso in due. Da un lato c'è chi <a href="http://www.cineblog.it/post/4123/disney-niente-piu-3d">rimpiange i bei vecchi tempi in due dimensioni</a>, patrimonio di Dumbo, Biancaneve, ma anche di classici moderni come il Re Leone, espressione, si dice, di artigianalità e sentimenti più “umani” Dall'altro ci sono circa sei miliardi di abitanti del pianeta ormai assuefatti alle meraviglie digitali di Shrek e affini. A mettere tutti d'accordo, finora, c'era solo lo studio inglese <a href="http://www.aardman.com/">Aardman</a>, divenuto famoso per la serie di Wallace e Gromitt e per molti altri piccoli miracoli di plastilina interamente realizzati a mano, fotogramma per fotogramma.<br /><br />Ora anche Aardman ha ceduto alle lusinghe dei pixel e da un lato ciò rappresenta una delusione, dall'altro una sorpresa. “Giù per il tubo”, infatti, è l'opera meno visiva di Nick Park e soci. I computer di Dreamworks, per quanto onnipotenti, non consentono ancora lo stesso impatto del passo uno, tecnica che ha l'età di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Georges_M%C3%A9li%C3%A8s">Méliès</a> e che ha consentito alla “Maledizione del coniglio mannaro” di vincere un Oscar. Allo stesso tempo “Giù per il tubo” è un film molto, molto divertente, ricco dello stesso humour surreale e tipicamente british che abbonda nei precedenti lavori della casa.<br /><br />Conclusione? La forma non è sostanza: apprenderla significa seguire la via per un significato. Aardman, come un vecchio maestro di arti marziali, può permettersi di trascenderla. Sono in pochi.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-64755457108343311252006-12-26T02:03:00.000+01:002006-12-26T21:54:12.159+01:00In viaggio con Evie<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6vv-FJHQ93Z-IGdoqOgnqtYaT-LAFXOhfX6xts5J-AnWRgaOzea2pkCPS4VivvdXR6d22fZvwl5-EjybgL17D0GDgcqIoFbIXJ8nUYJR7AG4viMkDNaINkC1lgs1pd8b5VVGvXbv0JY12/s1600-h/inviaggioconevie.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6vv-FJHQ93Z-IGdoqOgnqtYaT-LAFXOhfX6xts5J-AnWRgaOzea2pkCPS4VivvdXR6d22fZvwl5-EjybgL17D0GDgcqIoFbIXJ8nUYJR7AG4viMkDNaINkC1lgs1pd8b5VVGvXbv0JY12/s320/inviaggioconevie.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5012641268682355442" border="0" /></a><span style="font-size:130%;"><span style="font-weight: bold;">Provaci ancora, Ron(f)</span><br /></span><br />E Pippo. E il principe azzurro. E Obelix. E l'onorevole Bondi. Quando sei una “spalla” non hai nemmeno il privilegio di un nome proprio: la congiunzione ti precede sempre. Per il fulvicrinito <span style="font-weight: bold;">Rupert Grint</span> – il celeberrimo Ron Weasley di Harry Potter – deve essere stata una ghiotta occasione. Un film da protagonista per uscire dall'ombra del maghetto con gli occhiali. Hermione guardami, ci sono anch'io.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">“In viaggio con Evie”</span> è il tipico romanzo di formazione, al centro del quale figura il timido quasi-diciottenne Ben, figlio unico di un pastore anglicano e di una madre bacchettona che predica bene e razzola un po' peggio. Animo poetico, sguardo spiritato, il ragazzo si trova a fare da assistente a un'anziana attrice shakespeariana beona e scurrile, che lo costringe ad accompagnarla in un tragicomico viaggio fino a Edimburgo. In Scozia Ben scoprirà l'amore fisico e il piacere di decidere con la sua testa.<br /><br />La pellicola scorre leggera e british, un po' troppo garbata, senza mai risolvere davvero i climax che accumula. Si capisce come il regista Jeremy Brock abbia compiuto un viaggio a ritroso nella sua biografia e all'ultimo momento abbia perso il coraggio di infierire. In più, come chiarisce il titolo italiano, la vera protagonista del film è <span style="font-weight: bold;">Julie Walters</span>, una “Evie” tanto antipatica e debordante quanto irresistibile.<br /><br />Grint non fa una malvagia figura, ma a tratti lo si dimenticherebbe, se fosse possibile ignorare il semaforo rosso che si porta in testa. Hermione, insomma, sarà per un'altra volta.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-28431123024333455632006-12-10T02:18:00.000+01:002006-12-26T21:54:55.053+01:00Anplagghed, al cinema<span style="font-size:130%;"><span style="font-weight: bold;">Tutto il resto è video</span><br /></span><br />E' inutile scandalizzarsi e atteggiarsi a puristi. Se “Anplagghed” è primo nella classifica dei film di dicembre una ragione ci sarà. E' evidente che la riproposizione su pellicola dell'ultimo spettacolo di Aldo, Giovanni e Giacomo non è “cinema” come lo intendono i critici.<br /><br />Non c'è storia, regia, montaggio: solo un'accozzaglia di sketch teatrali mediamente divertenti, talvolta esilaranti, spesso meno. Ma cosa definisce l'esperienza cinematografica? In un mondo in cui il “cinema” viene visionato sui cellulari, sugli Ipod, sui computer, nella lavatrice, insomma in qualsiasi luogo purché non sia una sala buia insieme ad altre persone, vale la pena ricordare che l'essenza del “cinema” in realtà è proprio questa: una trance collettiva indotta dalla visione di immagini a 24 fotogrammi al secondo, all'interno di un luogo buio a ciò esclusivamente deputato.<br /><br />Il resto – le teorie, gli attori, le follie dei registi – sono contingenze, destinate a svanire nel nulla. Quando decine di persone condividono la stessa emozione di fronte a uno schermo illuminato, tutte insieme e ognuna per conto proprio, quello è “cinema”, perché il cinema è della gente. E non importa se proietti la settimana Incom, Fellini, Jerry Lewis o Aldo, Giovanni e Giacomo. Finché c'è gente al cinema, il cinema esisterà. Tutto il resto è video.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-90900881036138160412006-12-03T02:20:00.000+01:002006-12-26T21:55:46.752+01:00Marie Antoinette<span style="font-size:130%;"><span style="font-weight: bold;">Sofia o Antonietta?</span></span><br /><br />Maria Antonietta, la moglie di Luigi XVI, era finora nota ai più per l'immortale frase “Il popolo ha fame e non c'è più pane? Dategli delle brioches”. Un'ingiustizia storica per Sofia Coppola, che ci mostra invece la vicenda di una quindicenne sola, scaraventata al fianco di un salame di marito. Costretta a rifugiarsi (poverina) tra balli sfarzosi, vestiti, diamanti e collezioni di cani finirà ghigliottinata.<br /><br />Come film storico, Marie Antoinette trascura forse un po' troppo la Storia. La ricostruzione della Versailles del '700 è deliziosa, e l'idea di associare i costumi d'epoca alla musica rock, per quanto non nuova, funziona. Kirsten Dunst (la fidanzatina di Spiderman) è bravissima e il suo viso senza età le consente di essere credibile sia come quattordicenne che come trentenne. Ma l'imminente rivolta che cambierà la Francia e il mondo intero è appena accennata, e l'idea di far passare Maria Antonietta come un giglio travolto dagli eventi è bizzarra. È vero che lasciò l'Austria giovanissima per sposarsi, ma a quei tempi era abbastanza normale. E quando salì sul patibolo l'età dell'innocenza era finita da un pezzo. Un film discreto, insomma, da non perderci la testa.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-81066148899387996132006-11-26T02:22:00.000+01:002006-12-26T21:56:13.882+01:00La mia super ex-ragazza<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpnhoj_FIaNtScvI_wDgTZfb-TKFrE1PnYN9FpKA16fl7tuxs7ZBSfdH9qocQDKudfG7hmsY3zKCmK7nUuYIo_isu7XBQSAhSNZEWxkUWznXB_2rJpDTjiz6OYT4rcVh8DpJ6VKco8Arct/s1600-h/lamiasuperexragazza%5B1%5D.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpnhoj_FIaNtScvI_wDgTZfb-TKFrE1PnYN9FpKA16fl7tuxs7ZBSfdH9qocQDKudfG7hmsY3zKCmK7nUuYIo_isu7XBQSAhSNZEWxkUWznXB_2rJpDTjiz6OYT4rcVh8DpJ6VKco8Arct/s320/lamiasuperexragazza%5B1%5D.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5012640753286279906" border="0" /></a><span style="font-size:130%;"><span style="font-weight: bold;">La vendetta di Uma<br /><br /></span></span>Non vorrei sembrare il <a href="http://www.chomsky.info/"><span style="font-weight: bold;">Noam Chomsky</span></a> dei poveri, ma ho sempre pensato che la subcultura dei supereroi rappresentasse una metafora della politica estera americana. Vorrà anche salvare il mondo, ma di fronte a un semidio onnipotente che può incenerirti con lo sguardo non sai mai cosa possa capitarti ed è meglio non trovarsi dalla parte dei nemici, neanche per sbaglio. Il che è esattamente quello che succede a Matt Sanders (<span style="font-weight: bold;">Luke Wilson</span>, <span style="font-style: italic;">I Tenenbaum</span>).<br /><br />Dopo aver sedotto la timida bibliotecaria Jenny (Uma Thurman) scopre che non solo si tratta della supereroina G-Girl, ma che la ragazza è anche supernevrotica, superinsicura e superappiccicosa. Quindi la scarica. La vendetta è altrettanto super: la macchina del poveretto finisce in orbita, il suo appartamento a pezzi e come regalo d'addio gli viene recapitato uno squalo vivo in camera da letto. <span style="font-weight: bold;">“La mia super ex ragazza”</span> ha un regista che la sa lunga in fatto di commedie come <span style="font-weight: bold;">Ivan Reitman</span> (<span style="font-style: italic;">Ghostbusters</span>) e uno sceneggiatore politicamente scorretto come <span style="font-weight: bold;">Don Payne </span>(<span style="font-style: italic;">I Simpson</span>), oltre a un cast di successo che include anche la reginetta delle pellicole demenziali Anna Faris (<span style="font-style: italic;">Scary Movie)</span>.<br /><br />A uno spunto iniziale molto divertente segue uno svolgimento un po' a grana grossa, e il finale è deboluccio. Però si ride, soprattutto grazie a Luke Wilson, che sfoggia un aplomb alla Cary Grant davvero sorprendente.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-45067939158610196282006-11-19T02:29:00.000+01:002006-12-26T02:30:05.164+01:00Aspiranti registi cercasiQuando si dice la sincronicità dell'universo. Non faccio tempo a scrivere che la qualità dei video forlivesi sul web è mediamente bassa che subito l'università propone un corso e un laboratorio gratuiti per giovani da 17 a 35 anni: il primo per formare gli aspiranti filmaker del terzo millennio, il secondo per realizzare una serie di cortometraggi. Il corso per registi avrà una durata complessiva di 70 ore suddivise in una fase teorica – storia e linguaggio del cinema – e una pratica – scrittura, pre-produzione, produzione (riprese) e post-produzione (montaggio) di un audio-visivo. Le lezioni si terranno tutti i venerdì pomeriggio dalle 16.30 alle 19.30 a partire dal primo dicembre presso l’aula anfiteatro della sede universitaria di via Pratella. Il laboratorio permanente di produzione audiovisiva coinvolgerà invece ragazzi e studenti universitari dai 17 ai 35 anni nella realizzazione di brevi cortometraggi della durata di 3-5 minuti. L’intenzione è quella di selezionare un gruppo di lavoro di tre o quattro persone che apprenderà nell’arco dei mesi tutte le conoscenze utili alla realizzazione di un audio-visivo e che collaborerà con il regista Alessandro Quadretti seguendo il processo produttivo in tutte le sue fasi, inclusa quella del casting degli aspiranti attori che si terrà il 2 dicembre al Teatro Il Piccolo. Per informazioni e iscrizioni: segreteria di Presidenza del Polo scienfico-didattico di Forlì, via Volturno n. 7, tel. 0543-374328, www.poloforli.unibo.itemiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-34641570697086382332006-11-12T02:30:00.000+01:002006-12-26T02:32:52.831+01:00Cosa danno sul tostapane?La fruizione del prodotto artistico che chiamiamo “cinema” si sta spostando inesorabilmente fuori dal luogo fisico che identifichiamo come tale. L’aspetto rilevante non riguarda tanto la mutazione del mezzo di riferimento, visto che i film si vedono in TV dagli anni Cinquanta.<br /><br />Se c’è qualcuno che è così masochista da guardarsi un lungometraggio sul telefonino o sul tostapane, insomma, sono fatti suoi. La vera rivoluzione è un’altra, e concerne la democratizzazione di un mezzo che finora è stato per forza di cose elitario.<br /><br />Basti pensare a fenomeni come Youtube e Google Video, che potenzialmente consentono a chiunque di rendere disponibili al pubblico globale i propri film, con la stessa dignità e rilevanza di qualsiasi altro tipo di contenuto. Per ora, in realtà, più che altro si gozzoviglia. Inserendo la parola chiave “Forlì” (la città in cui vivo) in tali siti, ad esempio, ho potuto ammirare diversi episodi di goliardia psicotica, variopinta propaganda, un razzo alimentato a caramelle e le istruzioni di un paio di concittadini per creare una sorta di bombetta molotov all’acido, con tanto di disclaimer “don’t try this at home”.<br /><br />Un livello così basso mi tranquillizza. La diffusione ad ampio raggio di una tecnologia, infatti, di solito genera l’aumento spropositato dei produttori di contenuti “artistici” a scapito del numero dei potenziali destinatari. Conoscete qualcuno che potendo vantare un pollice opponibile non abbia ancora partorito un romanzo, un atto teatrale, un musical, una canzone, un quadro, una scultura? Vi prego di presentarmi questo genio raro. Tutti artisti, niente arte. Tutti registi, niente cinema.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-34582956117115007372006-11-05T02:33:00.000+01:002006-12-26T21:56:46.856+01:00Scoop<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.joblo.com/newsimages1/woody-allen.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 112px; height: 145px;" src="http://www.joblo.com/newsimages1/woody-allen.jpg" alt="" border="0" /></a><span style="font-weight: bold;font-size:130%;" >Il fantasma di Woody</span><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www2.blogger.com/www.joblo.com/newsimages1/woody-allen.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 320px;" src="http://www2.blogger.com/www.joblo.com/newsimages1/woody-allen.jpg" alt="" border="0" /></a><br />Sondra Pransky è una studentessa di giornalismo americana in visita a Londra. Una sera, partecipando allo spettacolo del Mago Splendini (alias Sid Waterman, un prestigiatore di terza categoria), alla ragazza appare il fantasma di Joe Strombel, un giornalista defunto che è fuggito dalla barca di Caronte per annunciare una notizia sensazionale: il famoso killer dei tarocchi è in realtà l’aristocratico Peter Layman.<br /><br />E’ questo lo <span style="font-weight: bold;">“Scoop”</span> di cui parla il titolo del nuovo parto di <span style="font-weight: bold;">Woody Allen</span>, che a settant’anni e passa continua a sfornare pellicole di un certo successo, complice la capacità di assemblare attorno a sé cast di grido a basso costo.<br /><br />Questa volta i nomi “in” includono <span style="font-weight: bold;">Scarlett Johansonn</span> e Hugh Jackman, oltre ad Allen medesimo, ma il risultato non è dei più brillanti: Scoop è una farsa a tratti gradevole ma priva di mordente, in cui il compiacimento per le atmosfere british e l’amore per i film d'annata non riescono mai a far decollare l’attenzione degli spettatori al di là della cortesia che si deve a un vecchio maestro. La trama traballa e, quel che è peggio, latitano le battute che hanno reso famoso il regista. Non importa, "Match Point" non è lontano. Provaci ancora, Woody.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-45038015800084586082006-10-29T02:36:00.000+01:002006-12-26T21:57:12.550+01:00A scanner darkly<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://imagecache2.allposters.com/images/pic/MMPO/505122%7EA-Scanner-Darkly-Keanu-Reeves-Posters.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 200px;" src="http://imagecache2.allposters.com/images/pic/MMPO/505122%7EA-Scanner-Darkly-Keanu-Reeves-Posters.jpg" alt="" border="0" /></a><span style="font-size:130%;"><span style="font-weight: bold;">Sguardi acidi</span></span><br /><br />La vita di Philip K.Dick, lo scrittore di culto dalle cui opere sono stati tratti film come Blade Runner e Paycheck, fu profondamente segnata dalle droghe e dalla dissociazione mentale.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">"A Scanner Darkly – Un oscuro scrutare"</span>, scritto nel 1977, è a suo modo tanto il diario degli effetti della dipendenza da LSD dell'autore statunitense, quanto il testamento del movimento lisergico che tracciò un solco nella cultura pop a cavallo degli anni Sessanta.<br /><br />Nel romanzo, l’ultimo scritto prima della cosiddetta trilogia mistica, Dick racconta gli effetti della misteriosa e potentissima sostanza “M” (come la morte) sulla psiche di Bob Arctor, un poliziotto infiltrato in una banda di spacciatori.<br /><br />Per restituirci la sensazione di vivere nel futuro senza ricorrere ad effetti speciali il regista <span style="font-weight: bold;">Richard Linklater</span> ha utilizzato nuovamente la tecnica del “rotoscoping” (già sperimentata nel 2001 in “Waking Life”) trasformando le riprese dal vivo di attori come Keanu Reeves, Woody Harrelson e Wynona Ryder in cartoni animati dall’aspetto vagamente bakshiano. Su tutti svetta un personaggio che con la droga ha davvero convissuto pericolosamente: Robert Downey Jr, in una delle migliori interpretazioni della sua carriera.<br /><br />Il colpo di genio di Linklater è quello di non tradire Dick come i suoi predecessori e di proporre in primo piano la riflessione sull’identità e il controllo sociale che in altri casi – vedi Minority Report – si è dovuta inchinare a una spettacolarizzazione hollywoodiana dal gusto ben più acido.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-5036872350476429732006-10-21T02:40:00.000+01:002006-12-26T21:57:41.546+01:00Il Diavolo veste Prada<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://eur.i1.yimg.com/eur.yimg.com/xp/yahoo_manual/20060905/08/1521558586.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 200px;" src="http://eur.i1.yimg.com/eur.yimg.com/xp/yahoo_manual/20060905/08/1521558586.jpg" alt="" border="0" /></a><span style="font-size:130%;"><span style="font-weight: bold;">The city, senza il Sex</span></span><br /><br />Andy Sachs è la tipica ragazza della provincia americana: carina, intelligente, caparbia, e non sa assolutamente nulla di moda. Giunta a New York per inseguire il suo sogno di diventare giornalista finisce a fare l’assistente della potente e insopportabile direttrice di Runway, la bibbia del fashion system. Perderà la sua innocenza?<br /><br />Se voleva essere un film sul mondo che gira attorno agli stilisti <span style="font-weight: bold;">“Il Diavolo veste Prada”</span> trascura tre elementi fondamentali: il sesso, la droga e i disturbi alimentari, che evidentemente al giorno d’oggi sono più “cool” del rock and roll. Se voleva essere un film su quanto può essere infame un capoufficio, invece, qualsiasi impiegato di banca può raccontare esperienze assai più allucinanti.<br /><br />Togliete anche la meravigliosa voce originale di <span style="font-weight: bold;">Meryl Streep</span>, che nella versione originale è liquida come la panna acida, e vi rimarrà una commedia leggera, innocua e un po’ moralista, su quanto sia importante essere se stessi in ogni situazione.<br /><br />Non ho letto il libro di <span style="font-weight: bold;">Lauren Weisberger</span> da cui è tratta la pellicola, per cui non posso fare confronti. Sicuramente posso consigliare il film alle irriducibili di <span style="font-weight: bold;">Sex and the City</span>, in cui ha lungamente lavorato il regista, David Frankel.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-85510176695254848842006-09-10T02:43:00.000+01:002006-12-26T21:58:30.433+01:00Superman returns<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://eur.i1.yimg.com/eur.yimg.com/i/it/mov/s/scre2.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 101px; height: 76px;" src="http://eur.i1.yimg.com/eur.yimg.com/i/it/mov/s/scre2.jpg" alt="" border="0" /></a><span style="font-weight: bold;font-size:130%;" >Supermanfrina</span><br /><br />Esiste un supereroe intrinsecamente più noioso di <span style="font-weight: bold;">Superman</span>? E’ invincibile, indistruttibile, immarcescibile. Ancor prima di cominciare sai già che ce la farà. C’è da demolire un asteroide in volo? C’è Superman. Bisogna fermare un aereo con una mano? Arriva Superman. Problemi con gli scarichi del bagno? Insomma, è praticamente impossibile scrivere una sceneggiatura decente per Superman, perché non c’è nessun nemico che gli tenga testa.<br /><br />Il film originale del 1978? Richard Donner poteva contare su effetti speciali da Oscar e un cast magniloquente che includeva, oltre allo sfortunato Christopher Reeve, niente meno che Marlon Brando, Glenn Ford e Gene Hackman. E la storia, scusate se è poco, era di Mario Puzo, l’autore del Padrino. A <span style="font-weight: bold;">Brian Synger</span>, che pure è uno dei miei registi preferiti, hanno dato gli scrittori di Urban Legends 3, e potete immaginare la differenza.<br /><br />L’autore degli Insoliti sospetti gioca tutte le sue carte per restituire un minimo di tridimensionalità a un personaggio sottile come la carta da fumetti, ma la storia è (molto) meno veloce della luce e non bastano gli effetti speciali “da paura” a tenere desta l’attenzione per due ore e mezza. In breve: Superman torna dopo cinque anni di assenza per scoprire che Lois Lane ha avuto un figlio e lo odia; seguono crisi esistenziale e losco piano di Lex Luthor/Kevin Spacey per dominare il mercato immobiliare uccidendo miliardi di persone (sic!). Alla fine si parteggia apertamente per il cattivo: o che faccia fuori Superman, o che faccia fuori l’umanità, potremmo almeno risparmiarci l'inevitabile seguito.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-6103335934975382742006-08-27T02:47:00.000+01:002006-12-26T21:59:20.780+01:00Slevin, patto criminale<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://eur.i1.yimg.com/eur.yimg.com/xp/yahoo_manual/20060801/08/3533208507.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 200px;" src="http://eur.i1.yimg.com/eur.yimg.com/xp/yahoo_manual/20060801/08/3533208507.jpg" alt="" border="0" /></a><span style="font-size:130%;"><span style="font-weight: bold;">Sulle tracce di Sex Crimes</span></span><br /><br /><span style="font-weight: bold;">Slevin</span> (Josh Hartnett) è un ragazzo molto sfortunato. Nello stesso giorno perde il lavoro, la casa, la ragazza, il portafogli, e viene scambiato per l’amico scomparso dagli scagnozzi di due diversi gangster a cui deve un sacco di soldi: il Boss (Morgan Freeman) e il Rabbino (Ben Kingsley), loschi figuri che si guardano in cagnesco dalle rispettive roccaforti dopo una vita trascorsa a combinare affari sporchi.<br /><br />Nel frattempo un truce killer di nome Goodkat (Bruce Willis) è al lavoro, mentre la ragazza della porta accanto (una insolita Lucy Liu) e il poliziotto tutto d’un pezzo (Stanley Tucci) indagano sulla vicenda. Ma è davvero solo sfortuna, quella di Slevin?<br /><br />Si è parlato di <span style="font-weight: bold;">Quentin Tarantino</span> come ispiratore di questo film estivo firmato dal regista scozzese <span style="font-weight: bold;">Paul McGuigan</span> (The Acid House, Appuntamento a Wicker Park). Ma, francamente, a parte il gangsterismo da garzantina e la violenza gratuita sparsa a piene mani, l’autore di Kill Bill c’entra poco. Nonostante il cast stellare, Slevin – Patto criminale mi ha ricordato, piuttosto, un thriller di serie B del 1998: <span style="font-weight: bold;">“Sex Crimes – Giochi pericolosi”</span>. Stesso procedimento induttivo nella stesura della sceneggiatura (da un finale “shock” a un plot barcollante e autoreferenziale). Stessa disonestà complessiva nei confronti dello spettatore, che non può distinguere tra flashback “veri” e inventati. Stesso incomprensibile entusiasmo del pubblico adolescente. Con una differenza: se non capite dopo cinque minuti dall’inizio del film qual è la vera trama di Slevin, tanto vale che continuiate a dormire.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-91661125439492766432006-08-20T22:09:00.000+01:002006-12-26T22:17:19.132+01:00<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.moviesonline.ca/movie-gallery/albums/userpics//poster_cars.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 200px;" src="http://www.moviesonline.ca/movie-gallery/albums/userpics//poster_cars.jpg" alt="" border="0" /></a><br /><span style="font-style: italic;font-size:130%;" ><span style="font-weight: bold;">Luigi, stella italiana</span></span><br /><span style="font-style: italic;">Una Fiat 500 tra i protagonisti del nuovo film Disney/Pixar</span><br /><br />Nel settembre del 1948, sul finire della “Golden Age” della radio americana, la CBS cominciò a trasmettere <a href="http://www.otrcat.com/lifewithluigi.htm">“Life with Luigi”</a>, una commedia che per gli standard odierni non potrebbe essere considerata men che politicamente scorretta. Il protagonista era un immigrato italiano a Chicago che ogni settimana, con il suo inglese sgrammaticato e infarcito di “Mamma mia”, affrontava gli imprevisti dell’immigrazione in un Paese tanto lontano e diverso dal suo. Razzismo mascherato?<br /><br />Effettivamente <a href="http://www.lordbuckley.com/LBC/Speak_The_Jive/Young_Al_Interview.html">la Italian Antidefamation League tentò a più riprese di impedirne la messa in onda.</a> Eppure la “vita con Luigi” deve essere rimasta ben radicata nella cultura popolare americana, se la Fiat 500 ferrarista di “Cars”, il nuovo film di animazione Disney/Pixar, porta proprio quel nome e parla (nella versione originale, in italiano è doppiata da Marco Della Noce) come il poco conosciuto antenato.<br /><a href="http://www.rusc.com/samples/luig.1948.09.21_Luigi_Discovers_America.mp3"><br />Luigi Basco faceva ridere per il suo accento</a>, ma la via che gli veniva tracciata di fronte era lastricata di valori che poteva abbracciare senza abbandonare i propri tratti distintivi. Agli immigrati che vivono in Italia oggi quali modelli di riscatto, quali proposte di integrazione stiamo proponendo, anche attraverso i media? Mi vengono in mente solo <a href="http://www.kledi.it/">ballerini</a> e protagonisti di reality show.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-65935715171093874202006-06-12T22:18:00.000+01:002006-12-26T22:19:30.475+01:00Amori mondiali<span style="font-style: italic; font-weight: bold;">Quattro appuntamenti con il dramma sentimentale</span><br /><br />Capisci che l’Italia sta cambiando quando i massimi e indiscussi esperti sportivi del Paese (il tuo barbiere e il tuo edicolante) ti confessano che – causa disillusione da scandalo arbitri – non riusciranno a seguire i mondiali con lo spirito di un tempo. “Al massimo le partite della nazionale, e forse nemmeno quelle”, sospirano tra i singhiozzi. Alla loro passione tradita si potrebbe dedicare la bella rassegna “Amori mondiali” organizzata per quattro mercoledì alla Sala del Foro Boario dalle ragazze del cineclub Forcine, al motto di “mi sono tanto divertita; ho pianto tanto”. Si parte il 14 giugno con un classico del fazzoletto, “La voce nella tempesta”, del 1939. Ispirato al romanzo “Cime tempestose” di Emily Bronte rimane nella storia del cinema per il cast d’eccezione (Laurence Olivier su tutti) e in quella del doppiaggio tricolore per il mitico birignao di Lia Orlandini che chiama Heathcliff nella tempesta. Il 21 giugno scende in campo per l’Italia un altro campione della congestione nasale: “Senso” (1954) di Luchino Visconti, interpretato da una splendida Alida Valli. Il 28 giugno si spreme qualche lacrimuccia intellettuale con “Io e Annie”, manifesto alleniano dell’incomunicabilità di coppia. Si chiude in tristezza il 5 luglio con “La signora della porta accanto”, dramma dell’amor fou firmato da Francois Truffaut in cui ripensando alle proprie storie passate tutti piangono, donne e uomini, pur se per motivi assai diversi. Ingresso riservato ai soci ForCine (tessera 3 euro). Per info: tel: 349/3937087 info@forcine.net.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-39586454176541495502006-06-04T22:23:00.000+01:002006-12-26T22:25:21.835+01:00Cappuccetto rosso e gli insoliti sospettiSignori, i bambini son tornati. E non sto parlando di quelli finti della televisione, nossignori. Sono quelli veri, col moccio al naso e le croste alle ginocchia, perenni come le nevi del Cervino.<br /><br />Basta guardarsi intorno al parco, la domenica, per capire che la generazione degli anni ’70 ha cominciato a far figli. Sono dappertutto. Persino al cinema, a guardare i cartoni animati, un genere che sembrava destinato a diventare esclusiva di coppiette e scoppiati in fase regressiva.<br /><br />Ma i bambini questo non lo sanno: persino una evidente parodia come “Cappuccetto rosso e gli insoliti sospetti”, ispirato al film-cult di Bryan Singer, diventa l’occasione per divertirsi in allegria.<br /><br />Il cinefilo basisce, perché i bambini non colgono il raffinato moltiplicarsi delle angolazioni del racconto, né si curano del fatto che l’ironia dietro alcune situazioni sia in effetti un po’ logora.<br /><br />I bambini non sanno che questo è il primo film prodotto dai fratelli Weinstein dopo l'uscita dalla Miramax, e non comparano nemmeno la qualità dell’animazione rispetto a un altro classico della parodia come Shrek.<br /><br />Ridono della capra canterina e basta, mentre i padri e le madri, distrutti, dormono e lasciano al pubblico pagante il discutibile piacere di educare la prole altrui a non piantare i cari piedini nella schiena del vicino. Insomma, mai visti tanti bambini a vedere un film per bambini. Era ora, lasciatemelo dire.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-82266882800836752572006-05-29T22:26:00.000+01:002006-12-26T22:29:07.861+01:00X Men 3L’universo fa dei tentativi. Alcuni possono apparire voluttuosi: labbra rosa, occhi verdi e lunghi capelli corvini. Altri delittuosi: un metro e venti di ascelle sudate. Hanno tutti la stessa dignità, perché in quella slot machine galattica che è il Dna può capitarti davvero di tutto. Una prova d’artista, quando va bene. O una scacchiera a cui manca qualche pezzo, e su cui non puoi vincere mai, quando va male.<br /><br />Certo, se sei un X-Man hai sbancato. Nei tuoi geni c’è una caratteristica che ti rende speciale, come un supereroe, più o meno. Allo stesso tempo essere speciali non sempre è un bene, attira odio, paura, invidia e desiderio di potere.<br /><br />La saga degli uomini mutanti creata da Stan Lee giunge al terzo episodio cinematografico sulle stesse basi dei primi due, ma senza più il regista Brian Synger, passato alla Distinta concorrenza per dirigere il ritorno di Superman.<br /><br />Le minacce orchestrate dal nuovo entrato Brett Ratner (<span style="font-style: italic;">Red Dragon, Rush Hour</span>) sono più sottili: non ci sono solo le controparti malvagie che intendono dominare il mondo, ma anche una fantomatica cura, in grado di ridonare la “normalità” ai geneticamente dotati. Gli X-Men sono belli, intelligenti, ricchi di salute e virtù, ma non sono felici, e considerano l’idea.<br /><br />Certo, è un pelo più facile scegliere, e farsi paladini della diversità e della tolleranza, quando il tuo “difetto” genetico ti permette di volare, o anche solo di camminare normalmente. Pare che il professor Xavier, unico mutante in carrozzella, nel segreto dell'urna avesse scritto "Si".emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-61153028128139164412006-05-21T22:29:00.000+01:002006-12-26T22:30:34.259+01:00Il Codice Da Vinci<span style="font-weight:bold;"><span style="font-style:italic;">Dietro al complotto</span></span><br /><br />Quando avevo sei anni, ed ero un bambino interista, quindi per definizione infelice, mia madre mi consolava dicendomi che il campionato di calcio era una gigantesca truffa: una messa in scena che serviva per impedire al cervello della gente di funzionare, e per far vendere più macchine orribili.<br />La cosa mi faceva infuriare: per un bambino interista di sei anni, vessato da chi nella vita ha sempre e solo vinto, non c’è niente di peggio che mettere in discussione il proprio desiderio di riscatto. Oggi che si scopre che la serie A è più o meno da sempre una pantomima, quanto il wrestling, che almeno non si nasconde dietro all’ideologia sportiva, mi tocca dirlo: mia madre aveva ragione.<br />Per questo non mi unisco all’accanimento generale dei critici verso il Codice Da Vinci, che da brutto libro si è trasformato in un thriller mediocre, sebbene di grandi mezzi. L’idea forte alla base del romanzo di Dan Brown – trasposto in pellicola con un cast stellare da Ron Howard - è che Gesù fosse sposato con Maria Maddalena e da lei avesse avuto una progenie. Un gigantesco complotto dell’Opus Dei avrebbe insabbiato il tutto. Sono idee scioccarelle e non nuove, già stroncate dai teologi di professione, oltre che da Umberto Eco e tanti altri studiosi laici. Eppure, se sono bastate a mettere in discussione la fede di milioni di persone, si potrebbe sospettare che anche in questa sorta di campionato il collegio arbitrale appaia ai più vetusto, stantio, di parte. E che le regole non siano uguali per tutti.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4174573918584847827.post-5604957751897918142006-05-14T22:31:00.000+01:002006-12-26T22:32:47.543+01:00Una top model nel mio letto<span style="font-weight: bold;"><span style="font-style: italic;">Modella di vita</span><br /><span style="font-style: italic;"></span></span><br />Cosa si ottiene incrociando un commesso viaggiatore esibizionista con una meretrice ninfomane? Una top model, ovvero un essere il cui unico scopo è quello di farsi possedere (visivamente) dal maggior numero di persone, al fine di vendere una merce.<br /><br />E invece di eccepire sulla prestazione, invero un po' scarsina, tutti giù ad adorarla, in una dimensione estetica ed erotica da preadolescenti in crisi ormonale. Come cantava il Lorenzo di Corrado Guzzanti: “Tu non sei una donna, sei de più, sei ‘na modella”.<br /><br />Ma c’è anche chi, a questi esseri irraggiungibili non pensa proprio. Come Francois Pignon, il protagonista di “Una top model nel mio letto”, che si preoccupa piuttosto di non essere ricambiato dalla bella libraia Emilie (<span style="font-style: italic;">Virginie Ledoyen</span>), di avere un lavoro migliore di quello da parcheggiatore e di non dover condividere più l’appartamento con l’amico Richard.<br /><br />Va decisamente meglio al miliardario Pierre Levasseure (<span style="font-style: italic;">Daniel Auteil</span>), che da due anni tradisce la moglie con Elena, famosa mannequin d’alto bordo. Di fronte a una foto compromettente, che svela la tresca, i destini dei due uomini si incrociano. Al parcheggiatore, ritratto per sbaglio accanto alla modella, viene chiesto di fingere di esserne il fidanzato e ospitarla a casa propria. Ne nascono, ovviamente, equivoci su equivoci.<br /><br />Francis Veber, il regista di “La cena dei cretini”, non si smentisce: ancora una volta il tema principale è quello del gioco degli opposti in uno spazio condiviso per forza, e ancora una volta i personaggi più umili sono rappresentati, nella commedia umana, come i meno infelici. Si ride garbatamente, senza inutili volgarità.emiliogelosihttp://www.blogger.com/profile/11189875127485686150noreply@blogger.com0